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Una full immersion nei laboratori di ricerca per le pazienti affette da tumore ovarico

28/09/2011

Milano, 28 settembre 2011 - Capire la ricerca oncologica vivendola in prima persona, nei luoghi dove la ricerca si sviluppa, indossando per un giorno il camice da scienziato, usandone gli strumenti, assorbendone il metodo. Un’esperienza intensa, soprattutto per chi alla ricerca oncologica ha delle domande personali da porre perché ha vissuto (o sta vivendo) proprio sulla sua pelle l’esperienza della malattia. Ed è proprio un “day-lab” una full immersion teorico-pratica nel backstage della ricerca di base, che ha visto oggi protagoniste nei laboratori dell’IFOM di Milano un “team” di donne accomunate dall’esperienza di una particolare patologia: il tumore ovarico. L’obiettivo? “Coinvolgere attivamente le nostre ospiti nel processo della ricerca – Spiega Marco Foiani, Direttore Scientifico di IFOM -, evidenziare gli obiettivi e le sfide della ricerca oncologica, offrendo un quadro chiaro e rigorosamente realistico delle sue prospettive di sviluppo, che vanno decisamente in direzione della prevenzione, della diagnosi precoce e delle terapie personalizzate. Ma – avverte lo scienziato - senza creare aspettative illusorie e trasmettendo, invece, consapevolezza sui tempi della ricerca e sulla complessità del suo progresso”. L’iniziativa è nata dalla collaborazione tra l’Istituto FIRC di Oncologia Molecolare e da ACTO Onlus, l’Associazione contro il cancro all’ovaio che si è fatta promotrice di uno specifico progetto di ricerca su questa neoplasia femminile proprio con IFOM, IEO e Istituto Mario Negri. Si tratta quindi di ospiti che della promozione della conoscenza e della consapevolezza su questa patologia hanno fatto la loro battaglia: “Si tratta di un tumore molto aggressivo con un altissimo tasso di mortalità – racconta Flavia Villevieille Bideri, Presidente di Acto Onlus. Il primo passo è creare consapevolezza tra le donne, quindi far si che ricevano le cure migliori e infine favorire, per quanto possible, la ricerca scientifica. Per noi è fondamentale stabilire relazioni costruttive con medici e ricercatori, riducendo la barriera profonda che oggi ci separa. A questo proposito – continua Bideri - abbiamo svolto un’indagine con l’Istituto Mario Negri, progetto PartecipaSalute, per confrontare le opinioni di pazienti e clinici sulle priorità della ricerca e sull’opportunità di un coinvolgimento dei rappresentanti di pazienti nel dibattito”. L’iniziativa del Day-Lab si integra in un programma divulgativo di IFOM più ampio rivolto alla società civile: YouScientist. “si tratta di un programma di forte carattere partecipativo –racconta Foiani - che fino ad oggi ha coinvolto soprattutto i protagonisti della scuola, studenti e insegnanti, ma si sta estendendo con dei progetti mirati ad altri pubblici curiosi e sensibili alla ricerca scientifica”. Il DayLab che ha visto oggi protagonista il “team” delle pazienti di ACTO si è articolato in un percorso guidato nei laboratori ad alta tecnologia, tra cui il laboratorio di Test Genetici di Cogentech, il consorzio partecipato tra IFOM e Istituto Europeo di Oncologia, che rappresenta uno dei segmenti della ricerca scientifica oggi più promettenti per prevenzione e diagnosi precoce in casi di familiarità. Dopo un pranzo a base di fitoestrogeni (ndr gli ormoni vegetali che aiutano a contrastare i tumori ormone-dipendenti, come quelli alla prostata, al seno e all’ovaio e, appunto, all’utero), le ospiti si sono concentrate in un’attività laboratoriale hands on focalizzata sull’estrazione del DNA genomico dalle cellule della mucosa boccale e sull’osservazione di tessuti sani e malati al microscopio. Cos’ha lasciato l’esperienza del Day-Lab nelle pazienti? Riportiamo alcune testimonianze: “ho apprezzato soprattutto la capacità, da parte dei ricercatori, di comunicare con noi e di rendere più semplici ed accessibili dei concetti così complicati” commenta Roberta Nicoli. “il confronto con il direttore scientifico, il professor Foiani, sulle sfide della ricerca di domani – aggiunge Fabiana Passoni - è stato per me un momento di crescita per sciogliere dei dubbi, non tanto biografici sulla mia malattia, ma conoscitivi. Ha stimolato la mia curiosità, quella che lui ha indicato come il motore della ricerca stessa. Un altro aspetto importante è stato di toccare con mano in laboratorio il lavoro di ricercatore, di cui prima non avevo una percezione così chiara”.
ultimo aggiornamento: 28/09/11