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Immunità: ecco il motore che muove le difese dell'organismo

31/08/2011

Si chiama Eps8 il componente chiave del motore che assicura alle cellule dendritiche, pattuglie specializzate del sistema immunitario, di scattare nel momento del pericolo per correre a dare l’allarme e attivare le squadre cellulari di difesa dell’organismo. Senza questa proteina le cellule dendritiche, che sorvegliano organi e tessuti dalle minacce di virus, batteri, parassiti e anche cellule alterate, quali quelle tumorali, sono comunque in grado di avvertire i segnali di pericolo, ma come amputate, rimangono quasi immobili e non riescono a raggiungere efficacemente i centri di comando dove dovrebbero lanciare l’allarme. Il risultato catastrofico della loro scarsa capacità di movimento è una mancata attivazione della risposta immunitaria. La scoperta, realizzata da un team di ricercatori dell’IFOM e dell’IEO di Milano guidati da Giorgio Scita e Maria Rescigno e condotta in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano, viene pubblicata sull’ultimo numero dell’autorevole rivista scientifica Immunity. Lo studio è stato condotto principalmente grazie al sostegno di AIRC (Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro), del Ministero Italiano per l’Istruzione, l’Università e la Salute, dell’AICR (Association for International Cancer Research), della Comunità Europea e della Fondazione CARIPLO. Intercettare il nemico, identificarlo e correre a lanciare l’allarme: fanno questo, in sostanza, le cellule dendritiche, uno dei più importanti sistemi radar che l’immunità ha a disposizione per mettere a punto efficaci e potenti difese contro eventuali insulti che dall’esterno o dall’interno possono compromettere la salute dell’organismo.

Per raggiungere lo scopo devono viaggiare attraverso organi e tessuti, da distretti periferici come la pelle o l’intestino, dove registrano i segnali di pericolo, ai linfonodi, vere e proprie centrali di comando immunitarie. Qual è il motore che spinge questa macchina il cui funzionamento è vitale per l’organismo? È noto da tempo che il componente base del meccanismo propulsore su cui si fonda la capacità migratoria delle cellule dendritiche è una proteina fondamentale per tutti i tipi di movimento cellulare, l’actina. Da sola, però, non basta e lo studio condotto da Giorgio Scita, ricercatore IFOM (Istituto FIRC di Oncologia Molecolare) e professore associato di Patologia Generale presso il Dipartimento di Medicina, Chirurgia e Odontoiatria dell'Università degli Studi di Milano e da Maria Rescigno, ricercatrice in forza presso l’IEO (Istituto Europeo di Oncologia Molecolare), individua ora un nuovo componente essenziale per il movimento delle cellule dendritiche. Si tratta della proteina Eps8: il suo lavoro di fine regolazione del comportamento dinamico dell’actina è indispensabile a queste cellule per muoversi e andare a innescare la risposta immunitaria. «Le cellule dendritiche – spiega Maria Rescigno, esperta di immunologia che all’IEO coordina il programma di ricerca intitolato “Immunobiologia delle cellule dendritiche e immunoterapia dei tumori” – una volta individuato il bersaglio lo ingeriscono e poi caricano sulla propria superficie alcuni suoi tratti molecolari fortemente caratterizzanti, i cosiddetti antigeni. Dopo aver praticamente mangiato il nemico – continua la scienziata – le cellule dendritiche intraprendono un viaggio tortuoso attraverso organi e tessuti. Raggiungono i linfonodi e qui presentano l’antigene, passano cioè l’informazione di pericolo ad altri elementi del sistema immunitario. In questo modo i linfociti B e T, vere e proprie pattuglie specializzate nel contrattacco, vengono educati a riconoscere il nemico e attivati in modo che l’organismo possa innalzare le proprie difese contro di esso». Per difendere, quindi, muoversi è fondamentale e l’acquisizione della capacità di movimento all’interno dei tessuti rappresenta una tappa cruciale nella maturazione delle cellule dendritiche. «Il movimento è un evento chiave in moltissimi processi cellulari, normali e patologici, come quelli che avvengono per esempio durante lo sviluppo embrionale o nella disseminazione delle metastasi tumorali» afferma Giorgio Scita, che da anni studia i fenomeni molecolari legati alla migrazione cellulare e coordina il programma di ricerca IFOM "Dinamica della regolazione del segnale nella motilità cellulare". «Ed è certamente importante – continua lo scienziato – anche nel funzionamento del sistema immunitario. In particolare, nello svolgimento dei compiti assegnati alle sue cellule dendritiche, le quali sono praticamente obbligate a muoversi affinché si possa scatenare la risposta immunitaria».

Si sapeva già che queste cellule hanno la straordinaria capacità di adattarsi in maniera estremamente flessibile alle diverse condizioni ambientali che incontrano durante il viaggio ai linfonodi. Nel percorso attraversano, infatti, microambienti (definiti dai vari tessuti dell’organismo) molto differenti per caratteristiche chimiche e fisiche, più o meno rigidi o lassi. Era noto anche che questa flessibilità si basa sull’utilizzo di strategie di migrazione diverse, ma ancora poco chiare rimanevano le caratteristiche del motore che spinge queste macchine e che, in ultima battuta, permette al sistema immunitario di sorvegliare e difendere al meglio l’organismo. «Per questo abbiamo concentrato le nostre ricerche su elementi cellulari capaci di influenzare l’azione del componente base di questo motore, l’actina – spiega Scita – e in particolare su Eps8, una proteina che abbraccia le estremità delle catene formate dall’actina, regolandone le funzioni». Nelle cellule, i mattoni di actina si assemblano e disassemblano in maniera orientata in una struttura caratteristica e fondamentale, il citoscheletro di actina. A dispetto di quel che il nome può far pensare, questa struttura è tutt’altro che statica e il suo continuo rimodellamento genera la spinta che consente alla cellula di muoversi: grazie a esso, infatti, si formano protrusioni cellulari che, come braccia o gambe o tentacoli, si spingono nella matrice tridimensionale che fa da sfondo alle cellule dei diversi organi e tessuti, si aggrappano alle sue fibre e permettono alla cellula di trascinarsi in un movimento che ricorda un po’ il gattonamento. Anche le cellule dendritiche si muovono così per accorrere ai linfonodi, dopo aver ricevuto il segnale di pericolo. A questo quadro i ricercatori Emanuela Frittoli dell’IFOM e Gianluca Matteoli dell’IEO, che congiuntamente hanno svolto la gran parte degli esperimenti, hanno dato ora una maggior definizione molecolare, dimostrando come affinché tutto ciò avvenga ci sia bisogno non solo di actina ma anche di Eps8. Senza Eps8 le cellule è come se avessero “gambe molli”: tentano di fare una passo ma perdono il sostegno e diventano incapaci di muoversi efficacemente. I ricercatori le hanno viste così, quasi immobilizzate anche se ancora capaci di presentare l’antigene, dopo aver distrutto il gene che codifica per Eps8 all’interno del patrimonio genetico e realizzando sofisticati saggi di motilità cellulare in 2 e 3D. Implicazioni e prospettive
La scoperta, che fa luce sui meccanismi molecolari alla base del comportamento di queste cellule e sul loro ruolo in seno al sistema immunitario, ha una forte rilevanza da diversi punti di vista. Potrebbe contribuire a comprendere meglio la risposta dell’organismo alle infezioni da parte di batteri o virus e potrebbe avere un impatto notevole anche nello studio e nella cura dei tumori. Tra i meccanismi di controllo che l’organismo normalmente mette in atto per contrastare la trasformazione maligna, infatti, ci sono anche quelli immunitari. Le cellule cancerose, però, sviluppano diverse strategie per sottrarsi all’azione di polizia esercitata dalle cellule del sistema immunitario. «In questo contesto, è emerso che alcuni tumori per sfuggire alla sorveglianza immunitaria inibiscono proprio i processi di migrazione delle cellule dendritiche attraverso un meccanismo non ancora chiaro» spiega Scita. Conclude poi lo scienziato attualmente impegnato nell’organizzazione del Convegno Internazionale “Actin-based Motility”, che si terrà in autunno sul Lago Maggiore e che si propone di fare il punto sui più recenti progressi effettuati dalla ricerca scientifica nell’ambito dei processi biologici che governano le patologie associate alle disfunzioni della motilità cellulare: «Sulla base dei risultati del nostro lavoro sarà interessante valutare come varia lo sviluppo e l’aggressività dei tumori quando Eps8 è più o meno funzionante in queste cellule e in futuro conoscere i determinanti molecolari che assicurano la capacità di migrazione delle cellule dendritiche potrebbe fornire i presupposti per intervenire in maniera mirata al fine di bloccare il tumore o la diffusione delle metastasi».
ultimo aggiornamento: 26/03/12