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Cromosomi rigidi e fragili: l'arma a doppio taglio delle cellule tumorali

21/07/2011

Identificato un nuovo meccanismo all’origine della fragilità del DNA delle cellule maligne. Questa fragilità è uno dei punti di forza dei tumori, attraverso il quale l’integrità del patrimonio genetico viene drammaticamente compromessa. Grazie al traguardo raggiunto, però, potrebbe diventare il punto d’attacco per colpire il cancro con la sua stessa arma. La scoperta è stata realizzata da un’équipe di scienziati dell’IFOM di Milano guidata da Marco Foiani, in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano e viene pubblicata domani sull’autorevole rivista scientifica Cell. Milano, 21 luglio 2011 - Che il cancro è una malattia causata da molteplici alterazioni che si accumulano nel patrimonio genetico è cosa nota da tempo. Il DNA di ogni cellula è come se fosse continuamente sotto attacco: diversi agenti e situazioni interne ed esterne all’organismo possono comprometterne la stabilità, spingendo inesorabilmente la cellula ad andare incontro a un destino tumorale. Per difendersi, questa possiede una sorta di task force molecolare che rileva e ripara i danni al DNA e protegge l'organismo dall’insorgenza di tumori. La partita dell’incorruttibilità del patrimonio genetico, però, non si gioca solo su questo campo. Un elemento nuovo emerge ora dallo studio coordinato da Marco Foiani, Direttore Scientifico di IFOM (Istituto FIRC di Oncologia Molecolare) e Professore Ordinario di Biologia Molecolare dell'Università degli Studi di Milano (Dipartimento di Scienze Biomolecolari e Biotecnologie), e pubblicato oggi dalla rivista Cell: l’integrità del DNA è anche una questione di plasticità della molecola. Il sistema di sorveglianza (un vero e proprio checkpoint) di cui la cellula è dotata per far fronte ai pericoli in mezzo ai quali si trova il proprio genoma non solo deve assicurarsi che il materiale genetico venga copiato correttamente prima della divisione cellulare e che non contenga danni, ma è impegnato anche a svolgere un compito finora inedito e cruciale: rendere il DNA plastico per impedire che sulla molecola della vita si accumulino pericolose tensioni dovute alle diverse attività di cui essa è centro nevralgico. Quando ciò non accade, come nei tumori in cui questi sistemi sono andati in tilt, il prezzo da pagare è altissimo: il DNA diventa rigido e incredibilmente fragile. «Da diversi anni si sapeva che il DNA delle cellule tumorali è estremamente fragile – afferma Foiani – quello che però non avevamo ancora compreso era il motivo di questa fragilità». Il team di ricercatori coordinato dallo scienziato ha trovato la tessera mancante di questo complesso puzzle studiando due processi fondamentali della vita della cellula: la copiatura o replicazione del DNA e la sua trascrizione. Il primo ha lo scopo di trasmettere fedelmente il patrimonio genetico alle cellule figlie che si generano quando una cellula si divide e prolifera. Il secondo rappresenta una tappa fondamentale per tradurre in azione le informazioni contenute nel genoma e consentire così lo svolgimento delle funzioni specifiche di ogni cellula all’interno dell’organismo. Di continuo può accadere che questi due processi avvengano in contemporanea sullo stesso tratto di DNA. Sui binari della doppia elica, quindi, si genera un intenso traffico di convogli molecolari differenti, impegnati nelle diverse operazioni relative ai due processi. L’effetto collaterale di tutto ciò è uno stress fisico per la molecola che viene ritorta, avvolta e superavvolta, srotolata e separata nei suoi due filamenti complementari o trattenuta in zone particolari del nucleo cellulare. Incidenti e rovinose collisioni durante queste manovre possono accadere. Paradossalmente proprio momenti cruciali come la replicazione e la trascrizione, quindi, mettono in pericolo l’integrità della doppia elica di DNA. Particolarmente delicato risulta il momento in cui il processo di replicazione giunge a interessare quelle zone di DNA che, per essere trascritte, si trovano ancorate in punti particolari dell’involucro che circonda il nucleo cellulare, sede dei cromosomi. In questi punti sono favoriti i processi che vanno dalla trascrizione alla traduzione del messaggio genetico. Essi, però, funzionano come trappole per il DNA che sta per essere replicato, perché la doppia elica qui è come se fosse incatenata da un lato e ritorta dall’altro. L’ancoraggio, quindi, impone una forte rigidità che predispone il materiale genetico a pericolose rotture. I ricercatori, concentrando l’attenzione su questa specifica fase, hanno scoperto che la cellula sana è capace di orchestrare finemente replicazione e trascrizione. Fronteggia i rischi connessi impiegando le proteine dei suoi sistemi di sorveglianza, oltre che nei processi già noti di rilevazione e riparazione dei danni al DNA, anche in un compito finora mai descritto: modificare le strutture dei punti di ancoraggio per liberare il DNA da queste trappole, alleviandone così la tensione, riducendone la rigidità e aumentandone la plasticità. Secondo l’ipotesi degli scienziati le proteine del checkpoint, come sismografi, registrerebbero le vibrazioni meccaniche della molecola di DNA ed entrerebbero in azione al rilevamento di sollecitazioni. La scoperta permette di comprendere un aspetto fondamentale della biologia tumorale. «Nella situazione in cui nella cellula sono presenti difetti nei sistemi di sorveglianza – spiega Rodrigo Bermejo, collaboratore di Foiani, – lo scontro tra replicazione e trascrizione genera una rigidità non risolta nel cromosoma, che può degenerare portando il DNA alla rottura. Di fatto, quindi, la grossa differenza tra una cellula normale e una cellula tumorale in cui il checkpoint è alterato è che nella cellula tumorale il DNA è molto più rigido, quindi più fragile e predisposto a rompersi con maggior facilità. Nella cellula tumorale – continua lo scienziato – priva dei sistemi di sorveglianza lo scenario si fa sempre più drammatico se si pensa al ritmo forsennato e incontrollato con cui essa prolifera e quindi replica il proprio DNA e al fatto che a tutto questo si associa uno stravolgimento dei programmi di trascrizione». Questa fragilità del DNA delle cellule tumorali costituisce un’arma micidiale perché offre la possibilità di generare continuamente nuove anomalie genetiche potenzialmente capaci di far acquisire alle cellule caratteristiche di maggior aggressività. Un’arma a doppio taglio, però, perché le rende più vulnerabili. «Ora che sappiamo che la rigidità è un aspetto cruciale della fragilità dei cromosomi delle cellule tumorali – spiega Foiani – potremmo pensare di sfruttare questa caratteristica e, sulla base delle conoscenze acquisite, progettare nuove strategie per colpire i tumori. Per esempio potremmo esasperarla fino a rendere il DNA talmente fragile da provocarne la distruzione, portando alla morte le cellule malate». E infine conclude: «In sperimentazione clinica ci sono già farmaci che vanno in questa direzione e altri potrebbero essere sviluppati». Lo studio è stato condotto principalmente grazie al sostegno, tra gli altri, della FIRC (Fondazione Italiana per la Ricerca sul Cancro), dell’AIRC (Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro), dell’AICR (Association for International Cancer Research), di Telethon, della Comunità Europea e del Ministero Italiano per la Salute.
ultimo aggiornamento: 26/03/12